Chi ha il sospetto che la propria figlia, figlio, sorella, fratello, partner, alunna, soffra di un disturbo alimentare, solitamente è preoccupato/a e ritiene di dover fare subito qualcosa per dare aiuto. È giusto darsi da fare, ma a volte è ancora meglio prendersi il tempo necessario per capire e valutare bene la situazione.
Cercare il dialogo è sempre il primo passo, ma richiede tempo e cautela. Bisogna trovare le parole giuste, il momento propizio e soprattutto la persona adatta a comunicare con la ragazza o il ragazzo.
La cosa migliore è sempre quella di parlare delle proprie preoccupazioni. È importante essere chiari e sinceri nel mostrare interesse e apprensione (p.es.
"Vedo che non stai bene e sono preoccupata per te." o
"Ho l’impressione che ci sia qualcosa che ti pesa."). I rimproveri servono a poco. Frasi come
"Sei troppo magra, devi mangiare" o
"Non mangi mai a tavola e poi ti riempi di porcherie fuori pasto" attirano scontro e risposte inadeguate. Anche argomenti logici e sensati non servono. Le ragazze/i ragazzi si chiudono ancora di più in se stesse/i, risultando irragionevoli.
I
disturbi alimentari creano vergogna e sensi di colpa e difficilmente le persone colpite si aprono subito a chi offre il dialogo. Importante è mantenere il contatto e non demordere, offrire appoggio senza risultare invadenti o ossessivi. Un disturbo alimentare non nasce da un giorno all’altro e ci si può concedere un po’ di tempo per aiutare chi ne è colpito ad accettare aiuto.
È sempre bene
informarsi e far sapere alla persona interessata quali
possibilità di aiuto esistono ed offrire il proprio sostegno, p.es. per prendere il primo appuntamento o andare in un consultorio.
Anche famigliari o amici possono rivolgersi ad un consultorio per chiedere sostegno e aiuto. Più si è informati e si conosce il problema, più si trovano le parole giuste per affrontarlo.
Ma anche se è importante mostrare
disponibilità al dialogo e
pazienza, parenti e amici non dovrebbero dimenticare di
prendersi cura di sè stessi e di
riconoscere i propri limiti. Rispettando sè stessi e i propri limiti si funge anche da buon esempio. È importante che il trattamento venga supportato da parenti e amici, ma la responsabilità principale è sempre della persona ammalata.